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I cellulari italiani sono i più cari d’Europa

 

26 AGOSTO 2001. Il garante Cheli prepara elenchi che contengano, su base volontaria, anche numeri di telefonino e indirizzi e-mail.

In Italia le tariffe medie offerte dai vari gestori di telefonia cellulare sono le più alte d’Europa. Lo dice un’indagine dell’autorità britannica di settore, la Oftel, secondo la quale un inglese per parlare al telefonino spende 100, un italiano spende 146, un francese 127, uno svedese 116 e un tedesco 112.

Tutti meno di noi, a quanto pare. Un confronto pesante, soprattutto considerando che in Italia la base di clienti (sui quaranta milioni) è la più vasta d’Europa e questo autorizzerebbe semmai ad attendersi più economie di scale, più concorrenza e prezzi più favorevoli degli altri paesi. Lo studio della Oftel, ripreso dal quotidiano dedicato alla comunicazione «.Com» (diretto da Marco Barbieri), sottolinea che anche nel «roaming» internazionale (la possibilità di usare all’estero il proprio Gsm connettendosi con un operatore locale) il cliente italiano è fra quelli che pagano di più: sempre fatto 100 il dato inglese, i tedeschi pagano 126 ma gli italiani incalzano con 120; al terzo posto ci sono gli svedesi con 119 e al quarto i francesi con 112. Passando a considerare non più le tariffe, ma il costo dei cellulari, il rapporto evidenzia un altro motivo di svantaggio del consumatore italiano: negli altri paesi i telefonini sono sovvenzionati dalle compagnie con le quali si stipula il contratto, mentre da noi questo sistema di promozione è appena agli inizi. Prendendo ad esempio uno degli apparecchi più diffusi (che non nominiamo), in Italia per comprarlo secondo la rilevazione Oftel (fatta nel febbraio 2001) si pagano 284 euro, mentre in Germania lo stesso modello si poteva avere per 14 euro, con il gestore che si fa carico della differenza.

Come rispondono le compagnie a questo confronto umiliante, in particolare riguardo alle tariffe? In sostanza contestano il sistema di calcolo della Oftel, che consiste nel paragonare fra paesi la media delle due tariffe giudicate più convenienti, a prescindere che si tratti di abbonamenti o carte prepagate. Da Blu osservano che «da noi il 90 per cento dei clienti usa le prepagate, una percentuale che non ha riscontri in Europa, e con 6 milioni di clienti dotati di più “sim” all’inseguimento della tariffa migliore, il prezzo medio pagato realmente si abbassa». Anche da Tim sottolineano che «i mercati esteri con acquisto sovvenzionato e cliente legato a una specifica compagnia hanno una struttura che non si può comparare alla nostra, dove c’è molta più mobilità» e aggiungono che in ogni caso «le cifre di Oftel non ci tornano». Da Omnitel ricordano che «gli studi Oftel non tengono conto di tutta una serie di aspetti e già altre volte il loro modo di aggregare i dati è stato soggetto a contestazioni». Sul roaming la compagnia del gruppo Vodafone vanta di avere «tariffe particolarmente competitive». Un’altra questione relativa ai cellulari è quella dell’elenco telefonico, i cui si sta occupando l’Autorità di Enzo Cheli.

Secondo indiscrezioni di ieri, dopo le consultazioni avviate on le compagnie si profilerebbe la tendenza a mettere sulla guida oltre ai numeri fissi e quelli dei cellulari anche gli indirizzi e-mail. La delibera già pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dà tempo alle compagnie fino al 5 ottobre per rispondere a una serie di quesiti di fattibilità, mentre il procedimento istruttorio per definire le regole si dovrebbe concludere entro il 31 dicembre prossimo. Ci sono aspetti delicati, connessi alla messa in comune del «data base» degli abbonati di Telecom Italia, e altri legati alla privacy; la volontarietà dell’adesione non risolve tutte le questioni (ad esempio la diversa titolarità del cellulare e della carta telefonica). Fra le compagnie sentite dalla Stampa, Blu conferma di essere pronta, con la riserva di attendersi una spiegazione precisa delle modalità, mentre Tim e Omnitel preferiscono non esprimersi in attesa della scadenza del 5 ottobre.

Articolo di Luigi Grassia per La Stampa

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